Federico di  Giorgi

Federico di Giorgi

Alleghe, una lunga scia di sangue scuote le Dolomiti Bellunesi.

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Nella piazza principale di Alleghe un paese situato nel cuore delle Dolomiti Bellunesi, esisteva l'Albergo Centrale, di proprietà della famiglia Da Tos: è proprio attorno a questo storico edificio che ruotano i protagonisti di un'atroce e incredibile storia di cronaca nera, realmente accaduta, che ha scosso per diversi anni la vita degli abitanti di questa rinomata località turistica di montagna. Fiore Da Tos un povero bracciante agricolo sposa per mero interesse la proprietaria dell'albergo Elvira Riva. Dopo il matrimonio la coppia ha due figli: Adelina la più grande d'età che lavora nella struttura di famiglia, moglie di Pietro De Biasi, e il figlio più piccolo Aldo titolare della macelleria all'angolo della piazza.

LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI

Tutto ebbe inizio la mattina del 9 maggio 1933. Alle 11:30 la tranquillità di questa splendida città in Provincia di Belluno venne sconvolta dal frastuono delle incessanti urla di disperazione di Adelina che, alquanto scossa e turbata, chiedeva aiuto in strada per la collega e cameriera Emma De Ventura che si era tagliata la gola con un rasoio nella sua camera d'albergo. La notizia si diffuse a macchia d'olio nel piccolo paese dove un tempo si conoscevano tutti. Avventori, curiosi e gli stessi clienti erano addolorati e sconvolti all'arrivo delle forze dell'ordine, del medico legale e delle altre autorità civili e militari incluso il segretario politico del Fascio Raniero Massi. Dopo una prima sommaria ricostruzione emerse che la giovane ragazza si fosse tolta la vita ingerendo della tintura di iodio, dopo aver avuto forti dolori al corpo che la spinsero velocemente a suicidarsi, con un unico e profondo fendente. Un'esecuzione da perfetto manuale se non fosse che più di una persona fece notare agli inquirenti come il flacone di veleno si trovasse appoggiato su una mensola della camera, mentre il rasoio era chiuso in un armadio riposto ad almeno sei passi di distanza dalla vittima, che riversava in posizione supina sul pavimento in una pozza di sangue. La stessa autopsia rivelò la presenza di alcune tracce di tintura nello stomaco di Emma e, nonostante le evidenze, le autorità confermarono la tesi del suicidio e l'archiviazione del caso. 

Un'altro episodio alquanto strano e all'apparenza misterioso si verificò il 4 dicembre del 1933. Il freddo pungente di quei giorni aveva ghiacciato le acque del lago di Alleghe. Fu così che due ragazzini decisero di approfittarne per andare a pattinare. Non fecero in tempo di avvicinarsi all'imbarcadero che uno dei due notò subito qualcosa che sporgeva in una parte del lago risparmiata dal gelo. Incuriosito il bambino si avvicinò, notando il cadavere di una donna. Anche in quest'occasione la gente del paese non tardò ad arrivare sul posto; tra i tanti curiosi spettatori c'era anche Pietro De Biasio, marito di Adelina Da Tos, che da lontano riconobbe che la vittima era Carolina Finazzer, novella sposa di Aldo Da Tos, il figlio minore dei proprietari dell'Albergo Centrale. I due, proprio il giorno precedente, decisero inaspettatamente di interrompere il viaggio di nozze per richiesta di Carolina che, rientrata visibilmente turbata in città, pareva dovesse avere un'imminente incontro con sua madre di li a poche ore. Gli investigatori avanzarono per la seconda volta l'ipotesi del suicidio, sostenuto dal fatto che la donna soffrisse di una forte depressione e di sonnambulismo. Questa tesi non convinse per nulla gli stessi familiari della vittima, che fecero notare alcune evidenti incongruenze come il ventre trovato privo d'acqua al suo interno, i denti stretti e la presenza di lividi sul collo della ragazza. Anche il medico condotto notò quei segni ma non volle soffermarsi più di tanto ad esaminarli, sostenendo che quelle tracce potevano essere riconducibili a delle macchie dovute ad un inizio di putrefazione. Una cosa che sembrò alquanto strana e priva di fondamento a tutti, visto che Carolina venne ritrovata solamente poche ore dopo la sua morte e, per di più, immersa nelle acque gelide del lago. Ma anche in questa circostanza nessuno volle indagare ulteriormente: anche Carolina Finazzer si suicidò. Caso chiuso.

Il paese sembrò presto tornare alla sua solita normalità: dall'ultimo delitto passarono ben tredici anni, fino a che successe nuovamente qualcosa di inaspettato. Era la notte del 18 novembre 1946 e Luigi Del Monego assieme alla moglie Luigina De Toni, conosciuti da tutti come Gigio e la Balena, allo scoccare della mezzanotte avevano chiuso le porte del circolo Enal e si apprestavano a far rientro a casa in prossimità del Vicolo La Voi. Improvvisamente si udirono due spari ravvicinati: i due coniugi vennero freddati a poca distanza uno dall'altro. Nessuno in paese sembrò sentire rumori quella notte. I due corpi vennero ritrovati all'alba della mattina successiva da Angelo De Toffol, fruttivendolo e cognato della Balena. Anche questo venne ritenuto un caso all'apparenza molto semplice e scontato, dato che dalla borsetta della signora era stato rubato l'incasso della serata: le conclusioni furono rapina a carico di ignoti. Nei giorni seguenti vennero anche fermati alcuni indiziati tra cui Luigi Verocai, un latitante evaso dal carcere prima della condanna in contumacia per un'altro omicidio, che però venne rilasciato per mancanza di prove a suo carico. Ovviamente anche in questo delitto le cose non tornavano: gli spari erano stati simultanei ma i cadaveri si trovavano distanti tra loro, dando l'ipotesi di un agguato piuttosto che di una rapina. Altro caso chiuso senza indagare a fondo.

Due suicidi e altrettanti omicidi a scopo di rapina: ecco i delitti di Alleghe che vennero sussurrati da tante persone del paese, ma che al tempo stesso rimasero inespressi a lungo nella bocca degli abitanti per paura di ritorsioni, fino a quando Sergio Saviane, giovane aspirante giornalista con un trascorso di gioventù ad Alleghe, apprese la notizia dalla stampa locale di quest'ultimo assassinio, decise di iniziare a far luce su questi oscuri fatti di cronaca. Saviane si fece presto convinto che i delitti fossero tra loro collegati e compiuti da una stessa mano: ma quale? Fu proprio il suo amico barbiere, Bepi Checchini, a persuaderlo ad indagare più a fondo e a scrivere delle memorie per far conoscere queste tristi e misteriose vicende di cronaca giudiziaria.

Il 13 aprile 1952 venne pubblicato l'articolo "La Montelepre del Nord" a firma Saviane che ipotizzava l'esistenza di un filo che collegava le morti di Emma De Ventura la giovane cameriera dell'Albergo Centrale, della cognata della titolare Carolina Finazzer e dei due coniugi gestori del bar con un esplicito riferimento all'omertà degli abitanti per paura di subire minacce o ritorsioni. Nel dicembre dello stesso anno Saviane venne citato in giudizio per diffamazione, che gli costò otto mesi di reclusione, il pagamento delle spese processuali e un cospicuo risarcimento economico alla famiglia De Tos per danni morali. Dopo questo duro affronto sembrava che su Alleghe fosse arrivato il fatidico momento per chiudere nuovamente il sipario, lasciando che il trascorrere del tempo dissipasse ogni ombra su questa vicenda. Ma non fu così; l'articolo attirò l'attenzione di Enzo Cesca il giovane brigadiere della stazione dei carabinieri di Agordo, che assieme al comandante il maresciallo Domenico Uda riaprirono le indagini sotto copertura. 

Il brigadiere, un volto non ancora conosciuto in paese, si recò in incognito ad Alleghe, trovando lavoro come operaio. Frequentando le osterie del centro riuscì a raccogliere degli ulteriori elementi investigativi. In giro si raccontava che i coniugi Del Monego vennero uccisi per aver visto troppo da Giuseppe Gasperin; Cesca riuscì a conoscerlo e proprio quest'ultimo gli confidò che nel Vicolo La Voi abitava una signora, Carolina Valt, che poteva sapere qualcosa in più sull'omicidio della coppia. Per arrivare alla Valt, il brigadiere si fidanzò con la nipote e, dopo aver conquistato la fiducia di Carolina, l'anziana donna gli rivelò che la notte del delitto aveva visto tre individui nel vicolo, uno dei quali era proprio Giuseppe Gasperin. A seguito di questa rivelazione, l'uomo venne convocato in caserma e, di lì a poco, arrestato. Gasperin rivelò i nomi dei responsabili degli altri atroci delitti portando, nel 1958, in carcere Pietro De Biasio, il marito di Adelina, Aldo Da Tos e, pochi mesi dopo, anche la stessa Adelina accusata di aver ucciso la giovane cameriera dell'Albergo Centrale. La magistratura ritenne che Carolina Finazzer fosse stata strangolata da Pietro De Biasio, con l'aiuto dei fratelli Da Tos, perchè durante il viaggio di nozze il marito le aveva accennato dell'omicidio di Emma De Ventura e lei non aveva reagito bene, dando segni di paura, e così i Da Tos decisero di farla fuori. I coniugi Del Magro vennero uccisi perchè la notte del 4 dicembre 1933, avevano visto Aldo portare in spalle il corpo della moglie morta verso il lago e, a distanza di ben tredici anni dall'accaduto Aldo De Tos, Pietro De Biasio e Giuseppe Gasperin posero fine alla loro esistenza.

IL PROCESSO

L'8 giugno 1960, la Corte d'Assise di Belluno, riconobbe colpevoli Aldo e Adelina Da Tos e Pietro De Biasio, condannandoli alla pena dell'ergastolo. Aldo e Pietro furono ritenuti gli esecutori della morte di Carolina Finazzer e dei coniugi Del Monego, mentre Adelina solo della morte di questa donna in quanto l'omicidio di Emma De Ventura era caduto in prescrizione. Giuseppe Gasperin venne condannato a trent'anni di galera di cui sei gli furono condonati per aver contribuito, con la sua confessione, all'arresto degli altri responsabili. Durante il processo d'appello nel 1964 anche i Da Tos e De Biasio confessarono di essere gli esecutori materiali dei delitti, ma le loro pene vennero anche confermate dalla Corte di Cassazione, il 4 febbraio 1964. Aldo e Pietro morirono in carcere, mentre Adelina venne graziata nel 1981 dall'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, morendo nel 1988. 

Ma sui misteri di questi anni di terrore non tutto è stato ancora svelato: cosa avesse visto per meritare di morire la cameriera Emma De Ventura, rimane nel silenzio. Cosa avesse raccontato Aldo Da Tos alla neosposa Carolina Finazzer, rimane un mistero pure quello; di questa storia rimane solo il suo corpo ritrovato nel lago, strangolato altrove. Infine fu una pistola a chiudere per sempre la bocca ai coniugi Del Monego, con l'unica colpa di aver visto troppo quella fatidica sera. 

In questa storia piena di ombre, molti furono quelli che preferirono ascoltare solo poche voci; oppure nessuna. Sergio Saviane no. Lui le ascoltò tutte riportandole nel libro I Misteri di Alleghe (Mondadori per Pilotto - 1964). E per questo, oggi, grazie al suo prezioso e instancabile giornalismo d'inchiesta questa triste e agghiacciante vicenda può continuare ad essere letta e raccontata, affinchè rimanga nella memoria di tutti anche attraverso lo spettacolo teatrale unico in Italia di Roberto Faoro che in scena interpreta Sergio Saviane, Ho giocato a carte con l'assassino Sergio Saviane e i delitti di Alleghe, regia di Francesco Bortolini, musiche di Antonio Fiabane e Alberto Mambrini, luci e audio di Paolo Pellicciari. Di questo lavoro esiste anche un DVD (Ho giocato a carte con l'assassino, il Film) girato nella splendida cornice della Sena, la piccola Fenice, il Teatro di Feltre sempre per la regia di Bortolini e coprodotto da Telebelluno.

I Misteri di Alleghe invece sono stati letti e registrati presso Radio Più di Taibon Agordino e sono disponibili in formato audio. Per la prima volta attraverso la voce di Roberto Faoro riecheggia nella vallata agordina e tra le vie di Alleghe il libro proibito, un omaggio sincero al grande giornalista dell'Espresso Sergio Saviane. 

Forse un giorno sarà concesso e reso possibile portare il monologo di Faoro ad Alleghe, affinchè in qualche modo si chiuda questa terribile ferita che direttamente o indirettamente ha riguardato la vita di migliaia di persone e che fu una vicenda che fece il giro del mondo. Una ferita che continua a pulsare.  

 

 

 

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La storia del teatro dalle origini ai giorni nostri.

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L'uomo ha sempre avvertito il bisogno di socializzare e riunirsi in gruppi, non solo per motivi di sopravvivenza, ma anche allo scopo di celebrare il rito, il mito e la caccia, che sono stati individuati dagli antropologi teatrali quali luoghi di origine del teatro.

La storia del teatro in Europa si sviluppa ad Atene in Grecia, ben cinque secoli prima della nascita di Cristo, con quelle forme d'arte che oggi conosciamo come "tragedia greca" che ebbe origine dal Ditirambo, un rito in onore del dio Dionisio caratterizzato da musica, canto e danza. Gli attori, nell'eseguirlo, indossavano per lo più pelli di capra, ottenendo come premio per la migliore interpretazione un capretto. Nella tragedia gli eventi riguardavano personaggi illustri e/o mitologici e avevano come finale una catastrofe. Gli argomenti portati in scena erano i più disparati e, in genere, il loro fine era il rispetto delle istituzioni, del destino e della religione. Gli attori erano tre e usavano maschere, dovendo interpretare più personaggi.

Anche la commedia trae origine da un rito in onore di Dionisio, ma in essa il canto aveva una caratteristica legata alla satira. Questa forma di recitazione si sviluppa da attori che provengono dal popolo e che avevano bisogno di parlare alla gente comune, come pura risposta ad un potere dominante, quello degli aristocratici, dei regnanti e della Chiesa. aprendo i loro palcoscenici nella piazza, nei mercati, nelle strade dove si poteva radunare una comunità di persone, per i più disparati motivi. I greci erano un pubblico molto appassionato; arrivavano a teatro all'alba per assistere alle rappresentazioni che si svolgevano durante l'intera giornata.

La tragedia greca raggiunse il suo massimo splendore con le opere di tre autori più famosi: Eschilio, Sofocle ed Euripide, mentre il più elevato esponente della commedia greca fu Aristofane, la cui caratteristica era quella di fare satira su vari governanti ateniesi.

Il Teatro nell'antica Roma

Nell'antica Roma il teatro non raggiunge mai quei livelli artistici e culturali presenti in quello greco. Per i romani il teatro rappresentava per lo più un luogo di ritrovo dove divertirsi, sfoggiando il proprio status sociale. La tragedia e la commedia non riscossero particolare apprezzamento e successo, tant'è che furono presto sostituite da alcune scenette comiche, da mimi e da esercizi acrobatici.

A seguito della caduta dell'impero romano, il teatro conobbe un periodo triste e oscuro; la Chiesa, considerando gli spettacoli dei mimi e degli acrobati osceni e indecorosi, scomunicò questi e gli attori classici, escludendoli dalla comunità cristiana privandoli dei sacramenti. Ma il bisogno di recitare, favorì la comparsa di una particolare forma di espressione drammatica all'interno della Chiesa, durante la funzione religiosa.

Il Teatro nel Medioevo

Nel Medioevo il dramma si esprimeva nelle rappresentazioni religiose di episodi del Vecchio e Nuovo Testamento, non tralasciando spettacoli comici e di saltimbanchi, di piazza e di corte. L'attore protagonista era il giullare che si esibiva in pubblico, non essendo ancora presenti gli edifici teatrali. A causa della sua comicità, ironia e sarcasmo, ma anche del fatto che trasformava il proprio corpo fingendo e non avendo fissa dimora, questa figura era costantemente criticata e presa di mira dalla Chiesa.

All'opposto della tradizione teatrale del giullare, vi era quella del dramma liturgico, dove veniva trattato un soggetto sacro in forma canora, composto in versi latini, collocato in edifici preposti al culto, all'interno di una funzione liturgica o di un rito sacro vissuto dagli spettatori come vero e autentico. Nel basso Medioevo si impose anche la sacra rappresentazione, che si svolgeva in luoghi pubblici o all'aperto, dove gli spettatori assistevano a qualcosa che veniva recitato da altri.

Il Teatro Moderno

Il Rinascimento, che segnò il passaggio dal mondo medioevale all'età moderna, introdusse nuovi concetti nel teatro. Accanto alle commedie più colte ed erudite, incominciò a svilupparsi il teatro di strada, che tanto appassionava e divertiva la gente, non avendo un copione scritto. Verso il XVII secolo, l'epoca della Commedia dell'Arte scomparve, ma a dare lustro e risalto ai personaggi più illustri come Arlecchino, Colombina e Ballanzone, ci pensò il commediografo, scrittore, librettista e avvocato italiano Carlo Goldoni, considerato uno dei padri della commedia moderna che deve parte della sua fama anche alle opere in lingua veneta. Nel Seicento si svilupparono due filoni in Europa: quello legato al mondo classico dove gli autori principali erano Pierre Corneille e Jean Racine e quello legato all'approfondimento di temi storici, come quello inglese di Christopher Marlowe e di William Shakespeare.

Il teatro rinascimentale era anche dramma pastorale, i cui elementi costitutivi erano legati alla fuga dalla realtà, al miraggio di un mondo ideale e al malinconico senso di fuga della vita di ogni giorno. In Italia, a Firenze, verso la metà del 1594 gli amici della Camerata Fiorentina diedero vita al melodramma, dove la musica ricopriva il ruolo più importante e la parola era ridotta ad un semplice canovaccio. Gli attori professionisti erano fieri di recitare senza battute da imparare a memoria, basandosi solo sulla propria capacità d'improvvisazione, senza sottostare a particolari esigenze sceniche o di illuminazione.

Nel Settecento la tragedia sopravvive nel nostro Paese con Vittorio Alfieri, autore di molte tragedie di argomento classico e storico come Antigone, Saul, Maria Stuarda e Oreste, dove la figura principale è quella del tiranno. Il teatro nei primi anni '800, era caratterizzato dalla passione per gli spettacoli sfarzosi e grandiosi, con comparse, costumi e scenografie accuratamente preparate. Verso la metà del secolo si affacciarono sulla scena europea tre grandi drammaturghi Ibsen, Cechov e Strinberg che aprirono la strada a nuove forme di teatro che presero il nome di drammi realistici, dove la realtà veniva accuratamente analizzata nei suoi aspetti, anche quelli più crudi e violenti. 

Il Teatro Contemporaneo

Caratteristica principale dei primi decenni del XX secolo è la comparsa, in campo teatrale, di nuove sperimentazioni che ricercavano l'approfondimento di tematiche che potevano mettere in evidenza il rapporto fra l'individuo e il suo condizionamento imposto dalla società. L'opera dello scrittore e poeta italiano insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1934 Luigi Pirandello, fu quella che maggiormente evidenziò questo aspetto. La tecnica recitativa di allora fu particolarmente influenzata dal metodo Stanislavskij utilizzato ancor'oggi nella recitazione, che si basa sull'approfondimento psicologico del personaggio e sulla ricerca di affinità tra il suo mondo interiore e quello dell'attore, attraverso l'esternazione delle emozioni interiori e la loro rielaborazione a livello intimo.

Verso gli anni'60 nascono le prime forme di teatro al'avanguardia, denominazione attribuita ai fenomeni del comportamento e dell'opinione intellettuale, soprattutto in campo artistico e letterario, più estremisti, audaci e innovativi, in anticipo sui gusti e sulla conoscenza, connotate dal costituirsi di raggruppamenti di artisti sotto un preciso manifesto da loro firmato.  

 

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A Feltre è nata la compagnia Teatro del Cuore Ragazzi

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C'è sempre una prima volta! A Feltre dal 2019 esiste una compagnia teatrale costituita da ragazzi di età compresa fra i dodici e i diciassette anni, che hanno frequentato i laboratori condotti dall'attore, drammaturgo, regista e formatore Roberto Faoro, nonchè fondatore dell'Associazione Culturale Teatro del Cuore.
In un clima libero da giudizi, nel quale è stato possibile sbagliare e ricominciare in libertà, i novelli attori hanno compiuto un viaggio alla scoperta dell'arte, della recitazione e della cultura teatrale, esercitandosi a livello corporeo, vocale, respiratorio e gestuale, con lavori d'ensamble individuali, a coppie, improvvisazioni corporee e verbali concentrandosi sulla costruzione del proprio personaggio. Il tutto seguendo varie metodologie da M. Cechov e Grotowski da Strasberg a Stanislawskij da Brook a Scolari e altri.

Nel ruolo di docente Roberto Faoro ha cercato di indirizzare gli allievi verso la visione del teatro come possibile specchio dell'anima e, nello stesso tempo, come occasione di crescita personale in termini di autostima con ricadute positive anche in ambito scolastico, quali ad esempio una maggiore disinvoltura nell'esposizione, nella lettura, nell'espressività vocale e corporea in genere.

Tra i molteplici progetti, laboratori e spettacoli teatrali portati in scena dalla Compagnia, "Immaginario il Malato" liberamente tratto dalla commedia di Molinèere e "Fanciulli e più che Uomini", tratto dall'opera di Giacomo Leopardi che ricorda come il pensiero unito all'immaginario e non agli umori incontrollati della pancia, possono salvarci dalla violenza e dalla confusione. Un omaggio anche all'Infinito, poesia ancor'oggi capace di toccare le nostre corde più profonde.

Al Teatro del Cuore sono approdati centinaia di giovani con i loro dolori, le loro speranze, gioie ed entusiasmi; alcuni si sono diplomati all'Accademia, altri, i più, hanno acquisito maggiore autostima, consapevolezza e sicurezza. Qualche tempo fa due giovani hanno realizzato un video in cui hanno espresso questi sentimenti. Aver dato un piccolo contributo alla realizzazione dei sogni dei giovani è la più grande soddisfazione di questo magico mondo del teatro. 

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Teatro, Scuola dell'anima. Vincere la timidezza e diventare più consapevoli.

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Lo spazio del laboratorio è quel luogo straordinario, protetto, contenuto, dove le parole, le emozioni e le azioni non hanno conseguenze sulla vita, almeno non direttamente; è una palestra dove ci si può allenare nello scambio di parole, azioni, emozioni. Gli esercizi servono a sperimentare condizioni di apertura corporea ed emotiva e la ripetizione serve a far sì che esse divengono automatismi, quindi ricchezza personale.

In oltre vent'anni dedicati alla conduzione di laboratori teatrali, ho avuto modo di vedere quali siano i benefici dell'arte scenica, a volte molto evidenti: essa migliora l'autostima, la consapevolezza di sè: con l'esercizio, si smussano forme di timidezza a favore della capacità di parlare in classe o in pubblico.

La sala dell'Associazione Culturale Teatro del Cuore è punto di riferimento per i ragazzi, per gli adulti e per i genitori, ma spesso anche per gli psicologi dell'età infantile e dell'adolescenza che consigliano, anche a giovani con piccole difficoltà, di affiancare al loro percorso quello teatrale. Per questo in sala, l'obiettivo è quello di creare un ambiente privo di giudizi e competizioni, un luogo in cui poter sbagliare e ricominciare. In questo, cerco di essere un catalizzatore, nel senso che tento di creare un'atmosfera che consenta piccole scoperte e liberazioni.

Il teatro è relazione, con se. con gli altri e con il pubblico, un luogo in cui è possibile viaggiare nel tempo, nello spazio. Come diceva Michail Cechov: "Il teatro è il luogo in cui l'utopia, il sogno possono farsi carne anche se per un breve istante" e, basandosi proprio su questi principi, il motto che guida questo lavoro, anche all'interno dei laboratori è: "Qualsiasi via è soltanto una via e non c'è nessun affronto a se stessi o agli altri nell'abbandonarla, se questo è quello che il cuore ti dice di fare; esamina ogni via con accuratezza e poi poni a te stesso, e soltanto a te stesso, una domanda: questa via ha un cuore? Se lo ha la via è buona, se non lo ha, non serve a niente".

Del resto, lo diceva anche il Piccolo Principe di Saint - Exupèry: "Non si vede bene se non con il cuore". Da queste basi è salpata l'idea di un Teatro che non fosse solo momento narcisistico o esibizionistico, ma un mezzo per entrare in relazione con se stessi e gli altri; dove gli altri non siano meri oggetti per il nostro piacere di attori ma fratelli e sorelle che insieme agli altri artefici, traghettatori, intraprendono un viaggio dentro una storia.

Credo che promuovere e dedicare la vita a questo sia una piccola forma di rivoluzione, un messaggio umile ma appassionato ai giovani, che esiste una strada, che una vita diversa possa trovare una via, per non essere solo storno buon appetito come chiamava Bach nel gabbiano J. Livingston, cioè quei gabbiani che non cercano nulla nella vita se non il cibo.

Al Teatro del Cuore sono approdati centinaia di giovani, con i loro dolori, le loro speranze, le gioie, gli entusiasmi; alcuni si sono diplomati all'Accademia, altri, i più, hanno acquisito autostima, consapevolezza, sicurezza. Qualche tempo fa due giovani hanno realizzato un video in cui hanno espresso questi sentimenti.

Mattia, 15 anni, racconta: "Ho iniziato a frequentare i laboratori perchè volevo togliermi lo schermo che spesso, quasi sempre, mettevo tra me e gli altri. Ora questo problema non ce l'ho più grazie al corso. All'inizio ero timido, introverso, ora mi sento molto più libero di essere me stesso".

E Alyssa conferma lo stesso: "Mi ha aiutato a vincere la timidezza e la paura di stare al centro dell'attenzione. Apprezzo il gruppo che si crea con gli altri, persone con la stessa passione e che non giudicano; le prove sono il momento in cui imparare dai propri errori e quelli degli altri, senza sentirsi a disagio."
Aver dato un piccolo contributo alla realizzazione dei sogni dei giovani è la più grande soddisfazione di questo magico mondo. Roberto Faoro.

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