Federico di  Giorgi

Federico di Giorgi

Omaggio a Sergio Saviane. 20 ottobre 2023

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L'uomo che faceva parlare i silenzi! Venerdì 20 ottobre 2023 alle ore 20:30, presso la sala Tina Merlin di San Gregorio nelle Alpi, Roberto Faoro porterà in scena un'imperdibile narrazione - spettacolo dedicata allo scrittore e giornalista Sergio Saviane.

L'evento "L'Uomo che faceva parlare i silenzi" rientra all'interno del programma della rassegna "Un Libro al Mese. Incontri di resistenza letteraria". Informazioni  e prenotazioni: 333 3242172.

Saviane è stato un polemista, un creatore di linguaggio, un onomaturgo, oltre che un critico televisivo, il primo in Italia a tenere per circa trenta lunghi anni su "L'Espresso", una rubrica di critica televisiva (1960 - 1988).

L'attualità di Saviane sta nella sua scomparsa avvenuta nel 2001: si è portato via un modo di fare giornalismo fatto di crudele umanità e di invenzioni, destinato a diventare modello di esempio per coloro che vogliono intraprendere la professione oggi.

Tra le sue opere più celebri "I Misteri di Alleghe", edito da Mondadori ora Libreria Pilotto di Feltre. Una catena di delitti efferati che 90 anni fa macchiò di sangue la città di Alleghe, situata nel cuore delle Dolomiti Bellunesi.

Nel lontano 1933 due fatti di cronaca nera mettono letteralmente in subbuglio il paese: la morte di una cameriera dell'Albergo Centrale trovata in un lago di sangue la mattina del 4 dicembre e, a seguire, quella della giovane moglie del figlio dell'albergatore, trovata annegata nel lago sempre lo stesso giorno.

A distanza di 12 anni, il 18 novembre 1946, due coniugi vengono uccisi a colpi di pistola nel vicolo La Voi. Nel luglio del 1958 il colpo di scena: ispirati da un articolo di Sergio Saviane, i carabinieri arrestarono quattro persone, ritenute autori di una catena di delitti, ciascuno dei quali compiuto per nascondere il precedente.

Ma nonostante tre gradi di giudizio accolsero la tesi della colpevolezza degli imputati, negli anni successivi emersero tesi contrastanti, contraddizioni e perplessità sulle indagini del tempo.

 

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Lo sanno loro. Teatro Comunale tutto esaurito.

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Il rispetto dell'ambiente? È garanzia di vita! Sessant'anni dopo la tragedia del Vajont, Longarone non dimentica. Lo sconforto e il dolore sono ancora impressi nella memoria degli abitanti del Comune situato in Provincia di Belluno, che la sera del 09 ottobre 1963 fu letteralmente travolto da una frana causando la morte di 1.917 persone, di cui 487 bambini.

Lo scorso lunedì il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dato ufficialmente il via alla cerimonia di commemorazione, presso il cimitero di Fortogna.

Il capo dello stato nel suo discorso ha parlato di "silenti monumenti alle vittime, a quelle inumate nei cimiteri, a quelle sepolte nei greti dei corsi d'acqua, sulle pendici: donne, uomini, bambini".

Si è poi recato alla diga, dove ha percorso in rigoroso silenzio e visibilmente commosso la passerella, onorando le vittime della frana.

In serata al Teatro Comunale di Belluno, è andato in scena lo spettacolo Lo sanno Loro, che ha registrato il tutto esaurito, con una lunga e ordinata fila di persone che aspettavano intrepide di entrare in sala con largo anticipo, per prendere parte all'orazione civile.

Lo spettacolo il cui titolo ha come testo base l'azione di teatro civile Vajonts, realizzata a cura di Marco Paolini e Marco Martinelli, è stato diretto dall'attore, drammaturgo e regista feltrino Roberto Faoro, il quale ha saputo creare un lavoro concentrato attraverso la voce e l'interpretazione autentica di svariati attori, che hanno condotto gli spettatori verso un finale toccante e davvero potente.

Un telo di naylon steso sul palcoscenico, introduce le ragazze di Danzaoltre. Poi la domanda fatidica che rimbomba e scuote le colonne del teatro: "Quanto vale un metro cubo d'acqua?". Quesito che entra dentro il cuore e l'anima degli spettatori.

Un susseguirsi di immagini scorrono, accompagnate da effetti sonori che animano l'aria della serata. A seguire un elemento forte toglie ancora una volta il respiro: una fila di 10 seggiole vuote. Sono rivolte al pubblico.

Dall'alto improvvisamente calano 13 vecchie lampade a filo, mentre alcune paia di scarpe cadono dal soffitto.

La maestria di Roberto Faoro lascia ad ognuno la risposta su chi davvero ci sia seduto, su cosa dicano quei posti vuoti in mezzo ad una folta platea di gente.

Sono forse le vittime? Oppure i tecnici e i politici responsabili della rovinosa caduta del Toc nell'invaso? Di certo sono persone che appartengono al passato.

A conclusione della serata, lo stesso Faoro sottolinea che "c'erano oltre mille persone che avrebbero voluto essere qui questa sera, ma il Teatro non può ospitare tutti". Per questo, al momento non si esclude una possibile replica dello spettacolo.

Vajont: il ricordo a Belluno con lo spettacolo Lo sanno Loro.
https://www.rainews.it/tgr/veneto/video/2023/10/vajont-il-ricordo-a-belluno-con-lo-spettacolo-lo-sanno-loro-39976d07-60f2-4f38-89d6-b53c5e2a9bf0.html

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Teatro Civile per ricordare il Vajont.

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Trent'anni fa il racconto del Vajont era voce e corpo di Marco Paolini! Lunedì 09 ottobre 2023, in occasione del 60esimo anniversario della tragedia che costò la vita a 2.000 persone, diventerà un'azione corale che coinvolgerà oltre 100 teatri in Italia e nel resto dell'Europa: VajontS.

Grandi attori, allievi delle scuole e compagnie di teatro, musicisti, danzatori, spettatori arruolati come lettori, si riuniranno nei posti più disparati dando vita ad un proprio allestimento di VajontS. Tutti si fermeranno alle 22:39, ora in cui la montagna franò nella diga di Longarone.

Al Teatro Comunale di Belluno, con inizio alle ore 21:00, sarà messo in scena "Lo Sanno Loro". Spettacolo promosso dall'ente Fondazione Teatri, che vede salire sul palco diverse realtà del territorio delle Dolomiti Bellunesi: Associazione Culturale Teatro del Cuore, Bretelle Lasche, Danzaoltre, Lavori in Corso, Compagnia del Moccolo.

La regia affidata all'attore Roberto Faoro terrà le fila di un'emozionante esperienza teatrale che, partendo dal canovaccio di Paolini, unirà letture, danza, canto, immagini, suoni e musica, accompagnati da alcuni contributi video.

Un evento che si propone di esplorare il presente e il futuro, ponendosi l'obiettivo di non condividere solo la rabbia e il dolore, ma promuovere una responsabilità condivisa per il futuro e una consapevolezza collettiva, senza cadere nella pura retorica.

Lo stesso Faoro definisce questa toccante avventura come "un lavoro fatto con il cuore, per toccare a livello emotivo, compiuto non per un'esibizione di professionalità, ma allo scopo di raccontare e condividere una storia pazzesca da testimoniare, affinchè non si ripetano più storie simili nel pianeta".

 

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Arlecchino: Maschera o demone?

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La maschera più popolare e famosa della Commedia dell'Arte! Arlecchino ha un carattere stravagante e scapestrato. Celebre per i suoi imbrogli e burle a discapito dei padroni avidi e taccagni, non gliene va bene una.

Non è stupido, magari alle volte un po' ingenuo e testardo, talvolta sciocco, ma sempre pieno di fantasia e pura immaginazione. Ancora oggi, questo bizzarro personaggio dai palcoscenici dei teatri o nel pieno svolgimento del Carnevale, riesce ad incantare e divertire il pubblico di ogni età.

Storia e curiosità sul vestito di Arlecchino.

Il costume composto da una maschera nera, abbinato ad un vestito di losanghe lucenti multicolori, trae origine da un'antica leggenda. Si narra che Arlecchino altro non era che un bambino appartenente ad una famiglia povera. 

In occasione dell'arrivo del Carnevale, la scuola che frequentava l'esuberante adolescente, decise di organizzare una festa, alla quale era l'unico alunno a non poter partecipare, in quanto privo di un costume adeguato.

Verranno in aiuto i compagni di classe che, spinti da un profondo senso di orgoglio e solidarietà, portarono alla madre ciascuno un pezzetto di stoffa del proprio vestito. 

Con tutti questi ritagli e scampoli di tessuto, riuscì a realizzare un abito alquanto originale, che si caratterizzava per le sue variegate tonalità.

Arlecchino: diavolo e buffone.

La carriera teatrale di Arlecchino ebbe inizio nel '600, grazie all'attore bergamasco Alberto Naselli, chiamato inizialmente Zan Ganassa. In realtà la sua storia risale ai secoli precedenti.

Al principio si trattava di un demone, per lo più associato alla ritualità agricola e al ritorno dei morti. Già nel XII secolo il monaco cristiano, storico e cronista inglese Orderico Vitale, nel libro Storia Ecclesiastica, raccontava l'apparizione di una familia Herlechini: uno spaventoso corteo di spiriti e cavalli fantasma, che un prete errante avrebbe incontrato al calare del sole.

Questa credenza sembrava avere origini precedenti allo stesso cristianesimo: secondo numerosi studiosi, andrebbe collocata esattamente presso gli antichi popoli germanici, i quali erano certi che durante alcune notti particolari dell'anno, schiere di anime e potenti forze del male, si muovessero attraverso il cielo, producendo un grande brusio.

Gli spiriti pagani vennero reinterpretati come presenze demoniache, tanto da spingere il sommo poeta Dante Alighieri ad inserire un Alichino nel girone dell'inferno, proprio per la sua natura demoniaca.

Ma come si arrivò dal diavolo alla maschera del Carnevale? Oggi il tratto caratteristico di questa maschera è la comicità, alle volte semplice o sciocca.

Nel Medioevo la paura del maligno era molto sentita. Una delle armi più efficaci per contrastarla, era proprio il riso. Il Carnevale era proprio il momento migliore in cui questo poteva avvenire, rovesciando i ruoli fino a prendersi gioco del demonio. La visione del mondo rovesciato era possibile solo a patto che durasse 24 ore.

Così probabilmente Arlecchino, sarebbe giunto alla tradizionale Festa dei Folli. Dal momento poi che la Commedia dell'Arte si svolgeva a Venezia, proprio in occasione del Carnevale, la maschera divenne simbolo indiscusso di questa festa, anche in tempi moderni.

Ma chi può rivestire i panni di Arlecchino oggi?

Secondo il pensiero dell'attore, drammaturgo e regista feltrino Roberto Faoro, un Arlecchino del passato era il celebre scrittore e giornalista Sergio Saviane, autore del libro I misteri di Alleghe, nato da una lunga inchiesta di cronaca nera condotta da lui stesso, concernente una misteriosa serie di efferati delitti avvenuti nella cittadina situata in Provincia di Belluno, compiuti tra il 1933 e il 1946. 

Lo stesso Saviane venne più volte citato in giudizio per diffamazione dalle persone allora detenute, mentre la verità venne a galla grazie all'ottimo lavoro svolto dal polemista, assieme alle ricerche e indagini svolte da un brigadiere dell'Arma dei Carabinieri di quelle zone montane.

Oggi Faoro paragona Arlecchino al volto di un'attore, ma anche di un genio incompreso, un furbacchione (nel senso più buono e autentico del termine) che si getta a capofitto sulle cose, facendo molto spesso disastri, ma riuscendo caparbiamente a sollevarsi dalle mille disavventure della vita quotidiana.

Arlecchino gioca con tutto, anche con la morte. Ama ridere e scherzare. Un piccolo diavolo. 

 

 

 

 

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