Lo sanno loro. Teatro Comunale tutto esaurito.

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Il rispetto dell'ambiente? È garanzia di vita! Sessant'anni dopo la tragedia del Vajont, Longarone non dimentica. Lo sconforto e il dolore sono ancora impressi nella memoria degli abitanti del Comune situato in Provincia di Belluno, che la sera del 09 ottobre 1963 fu letteralmente travolto da una frana causando la morte di 1.917 persone, di cui 487 bambini.

Lo scorso lunedì il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dato ufficialmente il via alla cerimonia di commemorazione, presso il cimitero di Fortogna.

Il capo dello stato nel suo discorso ha parlato di "silenti monumenti alle vittime, a quelle inumate nei cimiteri, a quelle sepolte nei greti dei corsi d'acqua, sulle pendici: donne, uomini, bambini".

Si è poi recato alla diga, dove ha percorso in rigoroso silenzio e visibilmente commosso la passerella, onorando le vittime della frana.

In serata al Teatro Comunale di Belluno, è andato in scena lo spettacolo Lo sanno Loro, che ha registrato il tutto esaurito, con una lunga e ordinata fila di persone che aspettavano intrepide di entrare in sala con largo anticipo, per prendere parte all'orazione civile.

Lo spettacolo il cui titolo ha come testo base l'azione di teatro civile Vajonts, realizzata a cura di Marco Paolini e Marco Martinelli, è stato diretto dall'attore, drammaturgo e regista feltrino Roberto Faoro, il quale ha saputo creare un lavoro concentrato attraverso la voce e l'interpretazione autentica di svariati attori, che hanno condotto gli spettatori verso un finale toccante e davvero potente.

Un telo di naylon steso sul palcoscenico, introduce le ragazze di Danzaoltre. Poi la domanda fatidica che rimbomba e scuote le colonne del teatro: "Quanto vale un metro cubo d'acqua?". Quesito che entra dentro il cuore e l'anima degli spettatori.

Un susseguirsi di immagini scorrono, accompagnate da effetti sonori che animano l'aria della serata. A seguire un elemento forte toglie ancora una volta il respiro: una fila di 10 seggiole vuote. Sono rivolte al pubblico.

Dall'alto improvvisamente calano 13 vecchie lampade a filo, mentre alcune paia di scarpe cadono dal soffitto.

La maestria di Roberto Faoro lascia ad ognuno la risposta su chi davvero ci sia seduto, su cosa dicano quei posti vuoti in mezzo ad una folta platea di gente.

Sono forse le vittime? Oppure i tecnici e i politici responsabili della rovinosa caduta del Toc nell'invaso? Di certo sono persone che appartengono al passato.

A conclusione della serata, lo stesso Faoro sottolinea che "c'erano oltre mille persone che avrebbero voluto essere qui questa sera, ma il Teatro non può ospitare tutti". Per questo, al momento non si esclude una possibile replica dello spettacolo.

Vajont: il ricordo a Belluno con lo spettacolo Lo sanno Loro.
https://www.rainews.it/tgr/veneto/video/2023/10/vajont-il-ricordo-a-belluno-con-lo-spettacolo-lo-sanno-loro-39976d07-60f2-4f38-89d6-b53c5e2a9bf0.html

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Arlecchino: Maschera o demone?

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La maschera più popolare e famosa della Commedia dell'Arte! Arlecchino ha un carattere stravagante e scapestrato. Celebre per i suoi imbrogli e burle a discapito dei padroni avidi e taccagni, non gliene va bene una.

Non è stupido, magari alle volte un po' ingenuo e testardo, talvolta sciocco, ma sempre pieno di fantasia e pura immaginazione. Ancora oggi, questo bizzarro personaggio dai palcoscenici dei teatri o nel pieno svolgimento del Carnevale, riesce ad incantare e divertire il pubblico di ogni età.

Storia e curiosità sul vestito di Arlecchino.

Il costume composto da una maschera nera, abbinato ad un vestito di losanghe lucenti multicolori, trae origine da un'antica leggenda. Si narra che Arlecchino altro non era che un bambino appartenente ad una famiglia povera. 

In occasione dell'arrivo del Carnevale, la scuola che frequentava l'esuberante adolescente, decise di organizzare una festa, alla quale era l'unico alunno a non poter partecipare, in quanto privo di un costume adeguato.

Verranno in aiuto i compagni di classe che, spinti da un profondo senso di orgoglio e solidarietà, portarono alla madre ciascuno un pezzetto di stoffa del proprio vestito. 

Con tutti questi ritagli e scampoli di tessuto, riuscì a realizzare un abito alquanto originale, che si caratterizzava per le sue variegate tonalità.

Arlecchino: diavolo e buffone.

La carriera teatrale di Arlecchino ebbe inizio nel '600, grazie all'attore bergamasco Alberto Naselli, chiamato inizialmente Zan Ganassa. In realtà la sua storia risale ai secoli precedenti.

Al principio si trattava di un demone, per lo più associato alla ritualità agricola e al ritorno dei morti. Già nel XII secolo il monaco cristiano, storico e cronista inglese Orderico Vitale, nel libro Storia Ecclesiastica, raccontava l'apparizione di una familia Herlechini: uno spaventoso corteo di spiriti e cavalli fantasma, che un prete errante avrebbe incontrato al calare del sole.

Questa credenza sembrava avere origini precedenti allo stesso cristianesimo: secondo numerosi studiosi, andrebbe collocata esattamente presso gli antichi popoli germanici, i quali erano certi che durante alcune notti particolari dell'anno, schiere di anime e potenti forze del male, si muovessero attraverso il cielo, producendo un grande brusio.

Gli spiriti pagani vennero reinterpretati come presenze demoniache, tanto da spingere il sommo poeta Dante Alighieri ad inserire un Alichino nel girone dell'inferno, proprio per la sua natura demoniaca.

Ma come si arrivò dal diavolo alla maschera del Carnevale? Oggi il tratto caratteristico di questa maschera è la comicità, alle volte semplice o sciocca.

Nel Medioevo la paura del maligno era molto sentita. Una delle armi più efficaci per contrastarla, era proprio il riso. Il Carnevale era proprio il momento migliore in cui questo poteva avvenire, rovesciando i ruoli fino a prendersi gioco del demonio. La visione del mondo rovesciato era possibile solo a patto che durasse 24 ore.

Così probabilmente Arlecchino, sarebbe giunto alla tradizionale Festa dei Folli. Dal momento poi che la Commedia dell'Arte si svolgeva a Venezia, proprio in occasione del Carnevale, la maschera divenne simbolo indiscusso di questa festa, anche in tempi moderni.

Ma chi può rivestire i panni di Arlecchino oggi?

Secondo il pensiero dell'attore, drammaturgo e regista feltrino Roberto Faoro, un Arlecchino del passato era il celebre scrittore e giornalista Sergio Saviane, autore del libro I misteri di Alleghe, nato da una lunga inchiesta di cronaca nera condotta da lui stesso, concernente una misteriosa serie di efferati delitti avvenuti nella cittadina situata in Provincia di Belluno, compiuti tra il 1933 e il 1946. 

Lo stesso Saviane venne più volte citato in giudizio per diffamazione dalle persone allora detenute, mentre la verità venne a galla grazie all'ottimo lavoro svolto dal polemista, assieme alle ricerche e indagini svolte da un brigadiere dell'Arma dei Carabinieri di quelle zone montane.

Oggi Faoro paragona Arlecchino al volto di un'attore, ma anche di un genio incompreso, un furbacchione (nel senso più buono e autentico del termine) che si getta a capofitto sulle cose, facendo molto spesso disastri, ma riuscendo caparbiamente a sollevarsi dalle mille disavventure della vita quotidiana.

Arlecchino gioca con tutto, anche con la morte. Ama ridere e scherzare. Un piccolo diavolo. 

 

 

 

 

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Io ci credo ciecamente! 19 agosto 2023

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La cronaca delirante del mondo bellunese! Chi non ha mai sorriso, o meglio ancora, riso a crepapelle leggendo qualche strampalato e bizzarro articolo del Gazzettino, Corriere delle Alpi, del Mattino di Padova o della Tribuna di Treviso, alzi la mano.

Lo spettacolo Io ci credo ciecamente, che andrà in scena sabato 19 agosto 2023 alle ore 21:00 presso la sede della Cooperativa Sociale Dumia di Feltre, vede il noto attore, drammaturgo e regista Roberto Faoro immerso in una simbolica pagina gigantesca di quotidiani, proponendo al pubblico un'attenta analisi e lettura dei pezzi più strampalati, assurdi e spontaneamente deliranti, pubblicati nel corso degli anni sulle principali testate giornalistiche locali, dando vita a personaggi teatrali comici e svariate improvvisazioni, con il solo fine di ridere insieme di quella pagina assurda che riserva la realtà veneta con i suoi immancabili tic, manie, tormentoni, stereotipi e luoghi comuni.

Una sorta di Grande Fratello di carta, dove spesso capita di finire nell'assurdo e nel comico. 

Auspicando una nutrita partecipazione, lo stesso Faoro condivide la recente intervista rilasciata al programma radiofonico L'Oro in Bocca, condotto da Guido Beretta su Radio Belluno - Ascolta la tua città, in cui rievoca cosa lo ha spinto in passato a compiere l'assurda follia di diventare attore, oltre ad una presentazione di questo spettacolo molto divertente, comico e riflessivo.

 

 

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Bella Feltria Statti Conservata

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La storia di Feltre dalle origini mitologiche al suo celebre Palio! Lo spettacolo ripercorre le vicende che hanno portato alla nascita di questa splendida cittadina medioevale, situata nel cuore delle Dolomiti Patrimonio Unesco, partendo dalle sue origini mitiche (il pronipote di Noè poi Erto, compagno di Ercole) fino alle più note vicissitudini, eventi e visite ricevute nel corso dei secoli.

La narrazione alterna la presenza di dialoghi a veri e propri momenti di pura narrazione, mettendo in risalto l'influenza positiva di amici, nemici, predatori occasionali e conquistatori che, ognuno con il proprio potere e ruolo ben definito, hanno contribuito alla costruzione di un'identità multiculturale e personale della città, votata alla praticità e semplicità da un lato, ma allo stesso tempo ricca di artisti e intellettuali dall'altro.

Roberto Faoro dà vita ad alcuni personaggi di pura immaginazione e fantasia come il Burlone e il Matto di Feltre, che hanno il compito di portare dell'ironia sul mondo, su Venezia, sulla stessa città di Feltre, ma anche sulla vita in generale.

Nel proseguo del racconto non mancano due avventurieri veneziani, che certi di poter sfruttare la propria provenienza, sono inseguiti dalle loro mogli inferocite per il mancato rientro nella terra d'origine.

Intanto anche il popolo oltre che i nobili, si prendono del tempo per riflettere sui numerosi vantaggi e svantaggi dell'andare sotto il dominio della Repubblica di Venezia.

Il linguaggio alterna un italiano contemporaneo, alla più tipica koinè feltrina e veneziana dei personaggi.

Lo spettacolo vede salire sul palco anche una rappresentanza dei giovani attori dell'Associazione Culturale Teatro del Cuore di Feltre e Belluno, quale valida occasione per iniziare ad interagire con il pubblico più adulto. 

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Bella Feltria Statti conservata. 30 luglio 2023.

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La storia di Feltre e del suo celebre Palio! Domenica 30 luglio alle ore 18 presso Piazza Maggiore di Feltre (BL), l'attore, drammaturgo e regista Roberto Faoro porterà in scena  Bella Feltria Statti Conservata.

Lo spettacolo ripercorre la storia della nostra splendida cittadina medioevale, partendo dalle sue origini mitiche fino alle più recenti vicissitudini e visite ricevute nel corso dei secoli.

La narrazione si snoda attraverso dialoghi e momenti di pura narrazione, evidenziando così l'influenza positiva di amici, nemici, predatori occasionali e conquistatori che, ognuno con il proprio ruolo, contribuiscono inevitabilmente alla creazione di un'identità multiculturale per la città.

Allo scopo di rendere ancora più ricca e avvincente la trama, Faoro da vita ad alcuni personaggi di pura fantasia come il Burlone e il Matto di Feltre, che portano un pizzico di sana ironia sul mondo.

Inoltre, due noti avventurieri veneziani cercano in ogni modo di sfruttare la loro origine, allo scopo di conseguire vantaggi e benefici personali, mentre sono costantemente inseguiti dalle mogli che esigono il loro ritorno immediato in laguna.

Intanto la popolazione locale, riflette sui vantaggi e svantaggi di sottomettersi a un nuovo protettore, la Repubblica di Venezia.

L'opera scritta oltre una ventina d'anni fa, combina un linguaggio contemporaneo con elementi tipici della koinè feltrina e veneziana di alcuni personaggi.

La produzione coinvolge anche i giovani e promettenti attori dell'Associazione Culturale Teatro del Cuore di Feltre e Belluno, che da nuovi membri si interfacciano e interagiscono con alcuni adulti.

Il racconto si conclude con l'osservazione disincantata ma allo stesso tempo poetica del Burlone e del Matto di Feltre, sulla storia e la vita nel mondo odierno. 

In caso di maltempo, l'evento verrà annullato. 

 

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Rassegna Teatrale Pier - Essere o non essere.

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Nell'ambito della seconda edizione della rassegna teatrale Pier - Essere o non essere in memoria di Pierluigi Piazza, persona molto conosciuta a Domegge di Cadore per aver lanciato una pagina promozionale su Facebook dall'originale titolo "ognuno di noi dovrebbe trascorrere nella vita almeno un giorno a Grea, l'attore e regista Roberto Faoro porterà in scena venerdì 28 luglio alle ore 20:45 "Io ci credo ciecamente", ovvero il delirio della cronaca locale. 

A seguire, venerdì 11 agosto alle ore 20:45 "L'uomo che faceva parlare i silenzi". Omaggio al grande giornalista e intellettuale Sergio Saviane. Narrazione - spettacolo con letture a cura degli allievi dell'Associazione Teatro del Cuore di Feltre e Belluno.

Io ci credo ciecamente.

Il delirio della cronaca! Chi di noi, almeno una volta nella vita, non è scoppiato a ridere leggendo certi titoli, interviste ed errori riportati nei quotidiani locali, alzi la mano.

Il giornale rappresenta una pagina del mondo, dove si riflette lo specchio dei tempi e, più in particolare, della realtà bellunese con i suoi immancabili tic, manie, pregiudizi e luoghi comuni. Una specie di Grande Fratello di carta, dove capita di finire nell'assurdo e nel comico. 

Il giornale diventa un valido pretesto per ridere e stare insieme allegramente.

L'uomo che faceva parlare i silenzi.

Scrittore, giornalista, polemista, oltre che un audace critico giornalista! Sergio Saviane era la sola persona che potesse scrivere un libro sui delitti di Alleghe, perchè in fondo è stato anche lui protagonista di questa inquietante vicenda di cronaca nera.

Arrivato da ragazzo nel noto paese di montagna situato nel cuore delle Dolomiti Bellunesi, nel lontano 1939, diviene amico non solo degli albergatori del Centrale, ma anche e soprattutto di Luigia e Luigi del Monego, assassinati la notte del 18 novembre 1946.

Una storia vera, di vittime innocenti, di criminali che uccidono e sgozzano vittime decise intorno al tavolo della cucina di un albergo. 

Terrore, omertà, coperture politiche. Un monologo ossessivo e febbricitante, che restituisce il lungo lavoro d'inchiesta portato avanti da Saviane nella sua interezza e complessità, in un crescendo di pathos che coinvolge e rende partecipi gli spettatori, sollevando ancora oggi dubbi, perplessità e mille domande a cui non è ancora possibile fornire risposta. 

 

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Un mese di libri. Come un romanzo

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Cala il sipario sulla rassegna Un mese di libri: incontri di resistenza letteraria. Venerdì 23 giugno alle ore 20:30 presso la Sala Tina Merlin di San Gregorio nelle Alpi, l'attore Roberto Faoro presenterà al pubblico in sala sotto forma di narrazione - spettacolo il testo Come un romanzo scritto da Daniel Pennac, con accompagnamento musicale di Anna Zanella ed Elena Lappon. Inoltre il locale gruppo di lettori intrepreterà alcuni brani tratti dall'opera del celebre scrittore e docente francese. 

Info e iscrizioni: 333 3242172 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

Come un romanzo - Daniel Pennac

Il piacere di leggere? Non è andato perduto! Si è solo un po' smarrito. Daniel Pennac affronta il delicato e attuale tema di come si possa infondere nei più giovani l'amore per la lettura, attraverso metodi alternativi che spingano a vedere i libri come amici e non come pesanti mattoni.

Un qualsiasi testo è parte integrante della formazione degli esseri umani lungo un percorso che parte dal bambino, a cui i genitori leggono le fiabe, per passare alla fase adolescente, il quale si ribella contro la monotonia dei testi scolastici, fino ad arrivare al vero e proprio accanito lettore.

Per l'autore la lettura è un immenso piacere senza fine: l'unico metodo per suscitare un profondo interesse a prendere in mano un libro, sta nel generare il desiderio di apprendere fin dalla tenera età.

Nella parte finale del saggio è presente un interessante decalogo dei diritti imprescindibili del lettore, che stabilisce la facoltà di instaurare un personale e autentico rapporto con i libri, basato anche sulla libertà di non leggere.

Tutto questo e molto altro si può trovare espresso in questo testo, che non dovrebbe mai mancare nelle biblioteche di ogni educatore e genitore.  

 

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Un libro al mese. Una stanza tutta per sè.

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Dopo aver letteralmente gremito la sala in occasione del primo incontro della rassegna culturale Un libro al mese, il noto attore, drammaturgo e regista Roberto Faoro, propone venerdì 12 maggio alle ore 20:30 presso la Sala Tina Merlin di San Gregorio nelle Alpi, un secondo appuntamento presentando al pubblico sotto forma di narrazione - spettacolo il testo "Una stanza tutta per sè" di Virgina Woolf, con accompagnamento musicale di Piero Bolzan.

Info & iscrizioni: 3333242172 | Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Una stanza tutta per sè di Virgina Woolf. 

Una stanza tutta per sè, pubblicato per la prima volta il 24 ottobre 1929 dall'autrice britannica Virgina Woolf, ripercorre la storia letteraria della donna. Il fine ultimo del saggio è quello di rivendicare, per il sesso femminile, la possibilità di essere ammessa ad una cultura che fino a quel momento, era di puro appannaggio maschile.

L'intento più interessante si rivela essere quello di decostituire questo linguaggio patriarcale, in ambito letterario e sociale. Se secoli di sudditanza hanno relegato la figura femminile al silenzio, escludendola dai salotti della cultura, diviene ora necessario dare spazio ad una voce che rappresenti la prospettiva femminile.

Partendo da un tema apparentemente secondario e cioè che una donna, per scrivere, deve avere soldi e una stanza tutta per sè, Virginia Woolf porta alla luce le restrizioni imposte nel corso dei secoli alla creatività femminile dalla stessa società.

Attraverso profonde riflessioni personali, l'autrice da vita ad una forma ibrida tra saggio e racconto, che le permette di universalizzare le esperienze narrate, in un testo davvero lucido e stimolante.

Una stanza tutta per sè è un'esortazione, rivolta a tutte le donne, a lottare per la propria libertà, a seguire la propria vocazione, a diventare, finalmente, ciò che nel loro intimo sono già. 

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